Gli affari vengono fatti sulla base di un accordo equo tra le parti , che si fanno proposte vantaggiose e parole contraenti , sapendo ognuno di loro di cosa si sta parlando. Intanto si sta parlando di una conoscenza materiale dell' oggetto in causa, il prodotto, poi di una conoscenza esperenziale del vero padrone della cosa, il professionista, che sia un maestro artigiano , un operaio o un contadino.
Senza queste due conoscenze ogni rapporto nei fattori dell'economia, vale a dire taglieggio, usura, profitti , diventa futile e illatorio e ha bisogno del supporto della forza , dell' ingiusta coercizione , della frode , dell 'imbroglio nei conti e del subdolo, dell' aggressione pubblicitaria, per farsi avanti e predominare.
Quest' ultimo rapporto e' la nudae e cruda realta' della societa' di mercato cosi' come e'venuta fuori dall' espansione capitalista.
Invece in una economia libera del produttore , vale a dire attinente al primo accordo,e probatoria ,vale a dire a buon fine, razionalmente espressa nel suo commercio vale a dire ragionata , e legittimata da uno stato consapevole e responsabile sul piano etico e del bene comune, puo ' formarsi un indirizzo trasparente del guadagno ed esso e' generatore di una migliore quanto diffusa qualita' della vita , ma anche di una sicurezza sociale piu' proponibile e possibile.
Quest' ultima espletazione affaristica, quando e' collettiva , vince la dove le semplici ideologie falliscono o stentano ad affermarsi, e ha solo bisogno di una assistenza statale fluida e efficiente.
P.M.
Articolo contenuto in : Paolo Macchi - ABC di dottrina dello stato - Edizioni GATTO ROSSO - 2013 - reprint 2019
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