La coscienza induista si propone come una concezione della vita, per i propri caratteri referenziali, nell' ambiente, anche per la vastità di suggestioni e di possenza e valenza dottrinaria educativa, con una grande varietà di occasioni esistenziali accattivanti cui rappresentarsi un sovrannaturale delle cose e dei loro aspetti suggestivi, in funzione di intolleranza nei confronti della vitalità umana, di rifiuto della attività formativa sociale, che per sua attinenza derisoria, diventa una sconfitta del rapporto umano e dell' intelligenza sociale.
Dimenticano i guru infatti che l' uomo superiore da sempre si dà dei paradigmi di grande significato, valore economico, libertà e soddisfazione personale, che, con quelli, attraverso quelli e grazie a quelli, combatte, fa attività culturale, si libera dal bisogno, in una parola si fa Uomo e lo dirige nel sociale. E che loro non conoscono in fatti creatori, ma solo desunti.
I primi sono conservatorismo tradizionalista, che crede nell' apparenza, con conseguente paura dell' ignoto, da cui deriva la xenofobia e poi la violenza intimidatrice, il che genera fanatismo.
I primi si chiamano Conservatorismo e reazione populista di appiattimento, di supporazione e di obnulescenza delle coscienze, i secondi si prodigano e diffondono la ricchezza esistenziale delle istanze di Progresso, di Umanesimo, di Socialismo, di Democrazia.
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